17. Colorimetria
I colori non sono più una figura della produzione pittorica ma una trasmissione di luce.
La tecnica di misurazione e di graduazione dei colori rispetto all'intensità di emissione di un corpo luminoso stanno in rapporto ad un colore ben definito.
Perciò nel Settecento, il secolo della metrologia e dei modelli, si costruiscono i primi emblemi della colorimetria: la piramide di Heirich Lambert (1772), che riassume la base del tricromatismo elementare già determinato dal tedesco Le Blond (1730), una figura geometrica che simula un prisma con l'apice chiaro e la base violetta, sulle cui facce si dispongono i vari colori dello spettro secondo l'ordine di emissione tonale (rosso, arancione, giallo-verde, indaco, violetto).
Tobias Mayer (1745) aveva in seguito individuato un principio di inversione cromatica assumendo il solo riferimento da una doppia piramide triangola a contatto con la base, in cui il colore parte dal vertice superiore chiaro (brillanza) e termina nel vertice inferiore scuro (saturazione).
Questo è poi il concetto basilare dietro al quale si allineano tutti i solidi colorimetrici successivi dalla "mistica sfera" di Philipp Otto Runge fino al campionario di tinte dalla forma "a rocchetto" di Albert Munsell (1905), al doppio cono di Wilhelm Ostwald (1915), al rutilante romboedro di Harald Küppers (1958) che li riassume tutti.
L'esperimento newtoniano sulla dispersione della luce apre la strada alla misura e al cartello cromatico convenzionale per concludere la storia colorica e produttiva della visione della luce e dell'ombra, che precipita verso la singola determinazione dei colori fondamentali e dei loro complementari in rapporto alla possibilità di essere impressionati dalla luce e di riprodurla nei suoi effetti prefissati.