8. Illuminazione e colore: il fenomeno della "costanza di colore"
Noi, quotidianamente facciamo uso di sorgenti luminose che contengono i più disparati contenuti spettrali.
Dal Sole a una lampada ad arco, a una lampadina, a una fiamma, abbiamo sorgenti che sono via via più povere di radiazioni a piccola lunghezza d'onda, come il blu e il violetto.
Ci dovrebbero essere, quindi, grosse variazioni di colore in un medesimo oggetto illuminato nelle diverse maniere.
E infatti se fotografiamo una stanza rischiarata da una lampadina a incandescenza con una pellicola a colori per luce diurna, in fotografia essa presenta un caratteristico aspetto arancione rossastro. Ancora peggio se usiamo delle candele.
Questo però non avviene, o almeno non in misura altrettanto evidente, per la nostra visione diretta: il colore di una arancia, di una fragola, di un volto umano, appare grosso modo lo stesso alla luce del Sole e a quella di una fiamma.
Ciò è in parte dovuto al fatto che si tratta di oggetti a noi familiari, il cui colore ci è noto a priori. La familiarità ci condiziona a tal punto, che perfino osservando la neve di notte alla luce di un falò, saremo pronti ad affermare che essa è bianca. Eppure non lo è certo la radiazione luminosa che giunge al nostro occhio.
Ciò avviene perché il cervello opera una drastica correzione sui dati fisiologici.
Un grosso imbroglio, se vogliamo, ma un imbroglio che è di grande importanza nella vita quotidiana, perché ci consente di agire con più padronanza nell'ambiente che ci circonda.
[ Fig. 6 ] Spaccato dell'occhio umano.
L'immagine viene focalizzata, capovolta e rimpicciolita, sulla retina, dove sono alloggiati i fotorecettori.
Da essi partono gli impulsi elettrici diretti al cervello.
Questo fenomeno, che si chiama costanza di colore, non si limita alle cose a noi note, ma si verifica assai più in generale.
Una stoffa, un foglio di carta, possono avere tanti colori diversi e quindi non si può parlare di un condizionamento a priori come nel caso di un volto umano. Eppure, il loro colore ci appare più o meno lo stesso al variare del tipo di illuminazione, soprattutto se non vengono guardati isolatamente, ma in un dato contesto ambientale.
Dunque il sistema visivo si è evoluto per vedere il mondo con colori più stabili possibile, indipendentemente dalle condizioni di illuminazione. Ciò, beninteso, se le sorgenti di luce sono quelle naturali: Sole, fiamma, corpi incandescenti. Tutte sorgenti che offrono uno spettro ampio e continuo di lunghezze d'onda.
Dal discorso vanno escluse, per esempio, le lampade a fluorescenza (1), oppure le sorgenti monocromatiche: uno schermo bianco, illuminato soltanto da un fascio di luce rossa, apparirà ovviamente rosso.
Molto importante è, quindi, anche la percezione visiva della luce e dei colori da parte dell'essere umano, e di conseguenza fondamentale è la conoscenza della più complessa e varia struttura anatomica dell'uomo, ossia l'occhio.
9. La visione: l'occhio
Per il nostro discorso in particolare ci soffermeremo però solo sulla parte dell'occhio nella quale la radiazione luminosa, focalizzata da quello stupendo sistema ottico che sono l'iride, la cornea, l'umore acqueo e il cristallino, viene convertita in segnali luminosi diretti al cervello, cioè: la retina.
Il nome retina deriva dal fatto che la membrana che la costituisce è percorsa da un fittissimo intrico di vasi sanguigni, che fanno appunto pensare ad una rete. Sulla faccia posteriore, invece, questa membrana è popolata da diversi milioni di minuscole cellule nervose, talora collegate tra loro. Queste cellule sono capaci di trasformare la luce visibile che le investe in impulsi elettrici: un ricco intreccio di terminazioni nervose li raccoglie e li invia ai centri cerebrali che presiedono al meccanismo della visione [ Fig. 7 ].
[ Fig. 7 ] Schema in sezione della retina. La luce arriva dal basso.
1) Epitelio dei pigmenti;
2) coni e bastoncelli, estremità fotosensibili dei fotorecettori;
3) membrana esterna;
4) nuclei esterni delle cellule visive bipolari;
5) strato esterno di fibre nervose;
6) nuclei interni delle cellule visive bipolari;
7) strto interno di fibre nervose;
8) cellule gangliari;
9) strato di fibre del nervo ottico;
10) membrana interna.
Le cellule nervose della retina, o fotorecettori, sono di due tipi differenti: a causa della loro forma, i due tipi prendono rispettivamente il nome di coni e di bastoncelli.
I coni operano in condizioni di piena luce. Si suddividono a loro volta in tre tipi diversi ed è grazie a questo fatto che rendono possibile la visione a colori. La visione in luce diurna prende il nome di visione fotopica. I coni sono addensati nella regione centrale della retina, che si chiama fovea.
I bastoncelli giocano invece un ruolo dominante nella visione crepuscolare e notturna, vale a dire quando le condizioni di illuminazione sono particolarmente scarse. La visione dovuta ai bastoncelli è detta visione scotopica; essi sono localizzati prevalentemente nella zona periferiche della retina.
Perché i fotorecettori convertano la radiazione luminosa in segnali nuovi si deve pensare a un vero e proprio fenomeno di assorbimento quantico della luce, abbastanza forte da produrre alterazioni nelle proprietà dei fotorecettori (ossia una reazione fotochimica).
In tale processo, particolari pigmenti - la rodopsina o porpora retinica nei bastoncelli e pigmenti diversi in ciascuno dei tre tipi di coni - vengono scoloriti o "sbiancati" come si suole dire.
Durante questo processo di sbiancamento, i pigmenti producono delle sostanze chimiche capaci di stimolare le terminazioni nervose. Lo sbiancamento è in genere solo parziale e comunque i pigmenti vengono gradualmente rigenerati, in modo che la capacità di visione permane._____________________________________________________________________________________________________________
(1) A. Frova, Luce colore visione, Editori Riuniti, Roma 1984 :"Le cosiddtte lampade fluorescenti a luce diurna emettono uno spettro di luce continuo dovuto a certi fosfori, oltre a intense righe monocromatiche dovute alla presenza di vapori di mercurio. L'effetto risultante sull'occhio è simile al bianco solare. Tuttavia, per la presenza delle intense righe blu e violetta del mercurio, la visione dei colori degli oggetti viene alterata e può sfuggire alla regola della costanza di colore".