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. Il Novecento: pittura e teorie sul colore

La pittura impressionista e divisionista, fino ai fauves e ai futuristi non è estranea allo sperimentalismo cromatico di Chevreul e alle semplici teorizzazioni percettive del "contrasto simultaneo", mentre l'astrattismo e il cubismo fino ai neoplastici partecipa di una mistica identificazione e rifusione delle varie arti (musica, poesia, plastica, pittura) che ritrova nel colore un principio di assolutezza percettiva, tanto quanto il disegno stava un tempo ad individuare la forma e i modelli artistici.

Vasilij Kandinskij riflette meno assiomaticamente un destino di consonanze fra la forma dei colori e i suoni musicali (azzurro-flauto, blu-violoncello), riassumendo con grande chiarezza per uso degli artisti, e ad esplicitazione della sua produzione artistica, il tema dei colori fisiologici presenti in Goethe, sensibilizzandoli verso le armonie dei suoni e ai parallelismi con la musica.
"Il bianco agisce sulla nostra psiche come un grande silenzio che per noi è assoluto", ma è simile ad un silenzio musicale in cui il suono sta tutt'intorno e la risonanza preme di qua e di là; il nero invece è un suono presente, un'eco continua con un basso ostinato.
Un cerchio concentrico, con il blu e il giallo ai poli, alternati con il rosso e il verde, il viola e l'arancio, ruota fissamente separando ai propri estremi la diversità oppositiva del bianco e del nero, che riassume la breve opera di Kandinskij: Lo spirituale nell'arte (1912). [ Fig. 4 ]


[ Fig. 4 ]

I temi dell'avanguardia assumono la linearità e la stesura, senza alternative di un manifesto, mentre Paul Klee svolgeva le considerazioni sul colore (attorno al 1920) accanto alla particolarità di un'operazione pratica pur suggestionata lontanamente dagli effetti sonori e dagli effetti mistici della Farbenkugel di Runge e dell'Essenza dei colori di Rudolf Steiner, da lui raffreddati, dai quali elabora un disegno schematizzato delle sue idee sopra i colori: "il canone della totalità". [ Fig. 5 ]

Così Kandinskij e Klee proponevano all'interno della scuola del Bauhaus le due riflessioni e produzioni più interessanti sul colore intorno alle quali le considerazioni di Johannes Itten (Arte del colore), di Josef Albers (Interazione del colore) e di László Moholy-Nagy (Visione in movimento) non facevano che riportare da una parte all'origine mistico-psicologica dell'essenza e della spiritualità individuale tra i segni fisiognomici e le espressioni cromatiche (Itten), dall'altra verso suggestioni e meccaniche artificiali della psicologia della visione e di alcuni suoi automatismi o sollecitazioni percettive (Moholy-Nagy) anche nella loro distinzione (forma, grandezza, distinzione, ordinamento) tra conformazione fisica e significato psicologico (Albers).

Le condensazioni tra forma e colore nell'ampio fenomeno della percezione visiva sono state promosse da Koffka e Koehler nella psicologia della Gestalt, con intenti dichiaratamente scientifici; contemporaneamente alla sperimentazione colorica di Klee.

Le teorie sul colore di Kandinskij, Klee, Itten, Albers e separatamente di Sonia e Robert Delaunay, non vanno distaccate dalla loro opera pittorica in quanto didattica, principalmente da laboratorio o artigianale.
Come apparivano del resto le proposte del tutto operative di Chevreul o i successivi cataloghi di Munsell, quando si tratti di scelte e confronti di tinte prese dalla natura e sottoposte al problema della loro riproducibilità e accostamento, fino alle più recenti teorizzazioni rispetto ai principi di composizione e di nascita storica della tinta nelle opere di Faber Birren, che figura come il tecnologo del colore dell'America moderna, dove pragmatismo, psicologismo, storicismo si fondano in maniera tanto solida quanto apparente sul tema del colore.


[ Fig. 5 ]

Nel nostro secolo l'interesse prevalente circa il sistema dei colori si è distinto e applicato intorno alla colorimetria, sopra strutture codificate di metrologia della tinta, oppure in parallelo alla sperimentazione della percezione visiva dei colori (ancora molto incerta) nei soggetti viventi. Questo è in realtà il sunto della storia moderna del colore: tecniche colorimetriche e psicologie applicate (rilevamento e produzione).

Le osservazioni sui colori (1950) di Ludwig Wittegenstein appaiono piuttosto contrarie allo sperimentalismo e "scientismo" delle teorie gestaltiche della percezione "che connettono l'apparire con l'essere, quando noi possiamo parlare soltanto di apparire, ossia connettiamo apparire con apparire"; "sui concetti del colore non si impara nulla con il vedere". Questa affermazione lascia capire che secondo Wittgenstein per colore si deve intendere un concetto, e che quindi "colore" indica un'esperienza.

In quanto all'effetto di sostanza e di superficie del colore (la sua intensità, estensione e qualità in quanto intelletto creante l'intuizione, come appare nella Vista e colori di Arthur Schopenhauer, 1816 e 1854), tutto questo tende a scomparire come fatto specificamente intuitivo, incorporato com'è in un ambiente fisiologico ed in oggetti prefigurati e normalizzati.

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* CAPITOLO 1 - STORIA DEL COLORE *
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