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2. Gli ebrei

Gli ebrei fanno corrispondere alle gemme l'ordine morale che deve appartenere ai loro pontefici insieme ai colori evocati, appartenenti singolarmente alle dodici tribù di Israele: la sardonica il rosso e il coraggio, lo smeraldo il verde e il contravveleno, il topazio il giallo e la mitezza, il carbonchio l'arancio e il calore della vita, il diaspro il verde profondo e la fertilità, lo zaffiro il blu e la purezza, il giacinto il porpora e la forza, l'ametista il violaceo e il rimedio contro la tristezza, l'agata il grigioperla e la gaiezza, il crisolito il giallo oro contro le invidie, il berillo l'azzurro e la pacificità, l'onice il rosato e la castità.


3. Gli Egizi

Gli Egizi, maestri del colore, usavano affrescare le pareti delle case in maniera multicolore, adottando temi naturalistici, floreali e marini, resi con colori chiari e nette linee di contorno. Le immagini e i gerogliflici venivano disegnati con un segno rosso e poi corretti con un tratto nero. Il verde, simbolo di fertilità e di resurrezione, corrisponde con il colore del volto e del corpo di Osiride, dio del sole.

Le tavole e la scrittura dei colori egizi sono legate ad un principio d'imitazione delle pietre dure, nel quale simbolo si filtrano i composti pittorici prevalenti: il khesebedh (azzurro lapislazzuli), il khenemet (rosso rubino), il nešemet (azzurro), il mefekat (verde smeraldo) e il bruno scuro (kem) rappresentano un gruppo colorico corporeo, ostensivo e umbratile, al quale si aggiungono le paste cosmetiche più diffuse che servono per potersi presentare alle divinità infernali e si sostituiscono al colore della vita, il nero (semeti) e il verde (uadh).

Già dai primordi, per fissare il principio di contatto della materia colorata con il corpo, anche in natura, esistevano ed esistono segnali nella tonalità protesa del rosso (la cresta, la lingua, il sesso) che possiamo indicare come "ostensivi" e "conativi".
Con questi colori "salienti" l'apparizione o il mostrarsi produce richiamo, attenzione, meraviglia, desiderio di contatto o di scontro, sospensione provocatoria, esibizione libidinale: circostanza che si accresce ad arte con la pratica cosmetica di colorazione della bocca, delle dita, dei capezzoli, dei lobi, delle narici, delle guance, dei glutei, delle labbra vaginali e dell'asta del pene. Colori come il giallo, l'arancio, il bianco, nella loro possibile "ostensività" intervengono anche come lancio di un anatema o di un esorcismo e possono delimitare aree di divieto o di privilegio, nonché la stessa prerogativa di intangibilità come per sacerdoti, profeti, ermafroditi.

Altri colori si possono chiamare "latenti" o "emotivi" nelle tonalità blu scuro e verde, con virtù occultatrici che rivelano il nascondimento, ma anche lo stato di unione e di comunione insieme alla delimitazione di una sede o di un territorio. Sono colori "pregnanti": emblema di possesso esercitato, e di appartenenza consolidata nell'atto del portare e del conferire.
Le colorazioni blu inchiostro del tatuaggio hanno il doppio scopo di evidenziarsi dal vivente, ma soprattutto di distinguersi come una parte di esso in quanto specie o gruppo.
Altri colori che s'inseriscono nella grande categoria delle tinte "latenti", come il nero e il violaceo (in generale il colore scuro e cinereo), possono indicare la privazione temporanea quanto duratura dell'appartenenza ad una comunità, non il gruppo nel gruppo che privilegia i colori "distintivi" ma la determinazione di una chiara area di marginalità o di minorità, come la malattia, la vedovanza, la schiavitù, il tradimento, ecc.

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* CAPITOLO 1 - STORIA DEL COLORE *
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