7. Il cristianesimo
Nel cristianesimo avviene una semplificazione e rapida trasformazione dei colori pagano-classici "dello spazio" (giallo, rosso, nero) in quelli religioso-sacramentali "del destino" (azzurro, verde, viola), nei quali si possono comprendere i principi d'appartenenza di una nuova comunità integrata fra latini e barbari. Sopra questa nuova base sociale si fondano, infatti, le ragioni di una figura più trasparente del colore che riunisce tutti i battezzati, rivelata dall'essenza traslucida dell'acqua piuttosto che dal fuoco.
8. Religione islamica
Dalla considerazione e dalla stima cristiana del celeste per il regno promesso e del verde per la nuova comunità credente, si avrà sempre nell'ordine monoteistico, una riflessa ma radicale sostituzione-contrapposizione delle due tinte.
Infatti la fede musulmana pone il verde (il colore della religione e del profeta) per primo, e l'azzurro o il turchino (in quanto colore della nuova religione e comunità islamica) per secondo. Come per la religione cristiana, il corpo ecclesiastico e la comunità dei ministri adotta quella pratica rituale dei colori distintivi e clericali che obbligano a una condotta e sono riassunti da una formula sacramentale: il nero esige rispetto.
9. Crociate e colori araldici
L'universo sacro della coppia verde-turchino trova un'autentica occasione di scontro nella coppia azzurro-verde con le guerre delle crociate. Del resto le insegne, le bandiere e le imprese sono segno di riconoscimento esteriore dei cristiani e fra le stesse armate belligeranti. Perciò l'origine dei colori araldici è connaturata alla storia stessa delle crociate.
L'esatta designazione e l'appartenenza di questi colori distintivi e personali (gli smalti), testimoni delle storie, delle imprese e tradizioni d'origine dei portatori (gules [rosso vivo], azzurro [blu intenso], sable [nero], vert o sinopia [verde], porpora [violetto], tanné [marrone], aurora [arancio], sanguigno [rosso scuro], più il colore dei metalli preziosi [oro e argento], più il colore delle pellicce [ermellino e vaio]) prefigura sempre una volontà guerriera o di parata, della quale il colore cavalleresco e la diversa partitura resta il simbolo vittorioso e la decorazione.
In campo cavalleresco europeo, come effetti dei colori cristiani, si conferma l'accostamento frequente di due "smalti": l'azzurro e l'oro. Questi colori divini e preziosi servono sempre più a distinguere il comando, la dignità e il rango di chi li espone, come a rappresentare ogni più alta investitura derivata solennemente dalla sovranità, conservata e fatta osservare come privilegio.
Il valore estrinseco e la preziosità di tali colori si congiunge alle qualità intrinseche della raffigurazione pittorica del Trecento.
Una maggiore attenzione ai gradi e ai valori delle tinte s'instaura con evidenza nella pratica pittorica, nell'impiego dell'oro zecchino in foglia e negli azzurri di diverso valore e di varia qualità. La ricchezza e il pregio delle tinte e la loro autenticità d'impiego sono alla base del valore e della stima del quadro.
La macinazione, l'impasto e il fissaggio dei colori è sempre stato alla base dei segreti delle varie botteghe fino a quando Cennino Cennini potrà infrangere (1437) il limite imposto dalle tradizioni corporative, per rendere libera la professione pittorica.