[ INDICE ]


10. Primi manuali e ricettari

Durante il X e l'XI sec. si raccolgono e si compilano le prime informazioni tecniche, sotto forma di manuali e ricettari che compariranno nei manoscritti più tardi pervenutici (XV sec.).

La fioritura dei diversi saperi sui colori serve per fondere insieme la materia della tinta con la sperimentazione dei fissativi che sostituiscono man mano quelli alterabili e ancora in uso (saliva, urina, cerume, sangue), per giungere ai fissativi più puri, eterni e non corruttibili (olio di noce, di papavero o di lino, mescolati alle polveri e alle essenze).

Aspetti che appaiono ancora più esemplari in pieno XIV sec. in vari manuali di miniatura manoscritti; accanto ai quali si aggiungono, già a partire dal 1200, nelle maggiori città italiane di tradizione artigiana e mercantile (Venezia, Lucca, Firenze, Pisa…) i Capitolari, le Matricole o gli Albi dell'Arte che trascrivevano i nomi degli aventi diritto all'esercizio e ai benefici della corporazione, in tal caso, operanti nel ramo di corporazioni affini o fuse insieme come la tessitura e la tintoria.
Qui si fisserà quel nodo conflittuale della produzione artigianale che lega un lavorante alla fedeltà di un prodotto e di una bottega, mentre il vero destino dell'oggetto artistico e "colorato" sarà quello di infrangere i segreti di officina, "liberando" dai vincoli del padrone e del prezzo la "figura" del libero artista.
Si chiariscono in questo progetto gli intenti e le promesse di Cennino Cennini, formulabili per il Trecento e tutto il Quattrocento, contenuti nel famoso Libro de l'Arte che segna più di ogni altro ricettario contemporaneo il trapasso sociale dall'artigiano all'artista. Arte e abilità pittorica si sommano al colore, sfuggendo al calcolo del praetium con il quale si stima ogni altra merce.
Ciò s'inquadra nel maggiore effetto della storia artistica italiana del Quattrocento e della storia del colore in quanto pittura, figura quest'ultima privilegiata dalle belle arti perché sostenuta dal colore.


11. Antinomia forma/colore

Nella produzione artistica vera e propria, e forse anche per il distacco morale dal ricettario materiale della bottega, l'antinomia forma/colore prende le mosse dalla filosofia classica e si espande nelle convinzioni teoriche a sfondo neoplatonico del Rinascimento.

Aristotele, nella Poetica, assegna inconfondibilmente un primato della forma disegnata sulla materia del colore; mentre Platone nel Timeo considera i colori con la stessa stima per le figure geometriche semplici e belle in sé, e vede nei colori quasi lo sforzo della materia per farsi luce, dove il pensiero scaturisce positivamente dalla "temperie del nero".

In generale si può affermare che il dominio della forma sul colore attraverso i principi di astrazione percettiva (ma non tanto) come la luce e la tenebra, servono a produrre dentro alla teoria pittorica, quell'effetto liberatorio e nobilitante che le arti plastiche e la pittura in particolare desideravano produrre e manifestare come progetto raggiunto per la realtà rappresentabile.

All'aprirsi delle contraddizioni scolastiche, proprio sull'incerto terreno in cui Platone e Aristotele si spartivano un'insicura ragione, Ruggero Bacone, che si occupa non occasionalmente del colore, può riannodare le fila di un discorso che mutava in sé la substantia etica del colore. Per il monaco Bacone la luce è ancora una produzione "celeste" che ha però la necessità di trapassare la materia, e senza perdere nulla del suo carattere originario per rivelare il rosso e il giallo, si riflette nei corpi lucidi ed eterei e ritorna alla sua natura intatta e primitiva.

>>>>>
* CAPITOLO 1 - STORIA DEL COLORE *
|INTRO| |STORIA| |FISICA| |PERCEZIONE| |PSICOLOGIA| |TERAPIE| |PERSONALE|
<<<<<